La battaglia dei cimiteri … il contributo di Saverio Ferrari all’Osservatorio

riceviamo da Saverio Ferrari un contributo che individua uno dei molteplici aspetti attraverso i quali si è sviluppata da destra la rilettura al positivo del periodo fascista,della dittatura,dell’entrata in guerra a fianco dei Nazisti,della Repubblica Sociale e dei crimini da essa perpetrati. In questo scenario l’olimpo dei “martiri” fascisti nella trasposizione terrena dei cimiteri,diventa il luogo per gli odierni fascisti, dove rendere pubblici i riti celebrativi del coraggio e del sacrificio di chi a fianco dell’invasore straniero imprigionò,torturò e uccise i propri compatrioti, riti svolti per molti decenni nel segreto delle cripte e dei covi missini,totalmente marginalizzati dalla stragrande maggioranza dell’opinione pubblica.
Le cose sono poi cambiate, chi dice per colpa dello sdoganamento della destra voluto da Berlusconi, altri e tra questi noi ne attribuiscono la maggiore responsabilità al processo di revisione avviato dalla sinistra nel tentativo di guadagnarsi i consensi dell’elettorato moderato, operazione che ebbe nel diessino Presidente della Camera, Luciano Violante,il paladino dell’equiparazione morale tra “ragazzi di Salo” e combattenti della Resistenza.
Finita l’epoca di Violante e dei DS,finita quella di Veltroni,il sindaco che intitolava vie,piazze e parchi alle vittime della violenza degli anni 70,senza distinzioni tra squadristi e democratici, resta la missione di difendere e rafforzare la coscienza democratica e antifascista per cui è nato l’Osservatorio sul Fascismo a Roma

 

LA BATTAGLIA DEI CIMITERI – PER NARRARE E TRASMETTERE UNA”CONTRO-STORIA” DELL’ITALIA

UNO DEI TERRENI OGGI D’AZIONE PER IL NEOFASCISMO

E’ in corso una battaglia nei cimiteri. A condurla da qualche anno sono i neofascisti che cercano di occuparli sistematicamente. Le città coinvolte sono soprattutto al Nord, tra Lombardia, Piemonte, Liguria e Veneto, con qualche puntata in Centro Italia, in particolare in Toscana. Le date in cui le principali organizzazioni dell’estrema destra promuovono eventi e manifestazioni vanno dal 2 novembre, il giorno dei morti, a fine aprile, cercando di produrre il massimo della mobilitazione proprio il 25 aprile, giorno della Liberazione
Le cronache ultime ci dicono di raduni, ne riportiamo solo alcuni, a Crema, il 23 aprile, presso una lapide che ricorda i caduti della Repubblica sociale italiana; a Firenze, il 28 dello stesso mese, al cimitero di Trespiano, a Cremona sulla tomba di Roberto Farinacci e a Vicenza per onorare alcuni “martiri fascisti” morti in guerra; il 29 al San Remo dove sono sepolti dei militi delle formazioni repubblichine e al cimitero di  a Genova, presso il sacrario della Rsi. In quest’ultima occasione erano anche presenti un consigliere comunale dei Fratelli d’Italia, con fascia tricolore, e un consigliere regionale di Forza Italia. A poca distanza da loro, ritratto in fotografia, un neofascista con tatuato in bella evidenza su un braccio il simbolo delle SS.
Le caratteristiche con cui vengono condotte queste iniziative, molte le fotografie e i filmati, sono sempre le stesse. Si tratta di cortei di fatto in divisa, con magliette, felpe o giubbotti tutti uguali con stampigliate le insegne di appartenenza, disposti su colonne a passo di marcia come nelle formazioni paramilitari, preceduti immancabilmente dalle bandiere con l’aquila di Salò. Il finale è sempre contrassegnato dal collettivo saluto romano.

A MILANO DOVE E’ NATO E MORTO IL FASCISMO

Milano, la città che aveva visto negli ultimi anni le principali manifestazioni, in molti ricordano quella del 29 aprile dell’anno passato, con mille fascisti a salutare romanamente al campo 10, è stata l’unica che per disposizione di prefetto e questore ha vietato l’ingresso al camposanto alle associazioni dei reduci e soprattutto ai militanti neofascisti. Milano, non a caso, è stata assunta da Casa Pound, Forza nuova, Fiamma tricolore e Lealtà azione, come il teatro principale dove condurre questa battaglia. Proprio qui dove è nato e morto il fascismo. Qui dove nei due cimiteri principali, il Maggiore e il Monumentale, si racchiude tutta la storia del fascismo, dagli anni Venti alla Repubblica sociale.

IL MONUMENTO AGLI SQUADRISTI

Al cimitero Monumentale giacciono le spoglie di Filippo Tommaso Marinetti, il padre del Futurismo, ma soprattutto quelle di tredici squadristi, raccolte in una cripta sottostante a un monumento di diversi metri di altezza fatto costruire nel 1925 da Benito Mussolini e dedicato ai “martiri della rivoluzione fascista”. A scolpirlo, l’artista di regime Armando Violi, autore, tra l’altro, dei cavalli alati in marmo che spiccano dalla facciata anteriore della stazione Centrale. L’opera era originariamente composta da una statua raffigurante tre giovinetti seminudi in posa eroica, uno dei quali con in braccio un fascio littorio sormontato da un’aquila con le ali aperte. Finita la guerra il fascio e l’aquila furono asportati, così la targa commemorativa.
Ormai da qualche anno, in occasione del 23 marzo, data di fondazione nel 1919 dei Fasci di combattimento, gruppi di neofascisti si ritrovano davanti a questo monumento, seppur azzoppato, per omaggiare coloro che bastonarono e assassinarono con ferocia operai, contadini, assaltarono le Camere del lavoro e le sedi dei partiti democratici, cacciarono dai Comuni i sindaci regolarmente eletti, “marciarono” su Roma.

IL CAMPO 10

Il secondo riferimento è invece rappresentato dal Campo 10 al Cimitero Maggiore, dove nel corso degli anni successivi alla guerra sono stati riuniti i resti di alcune centinaia di caduti della Repubblica sociale italiana, per la precisione 921. Tra gli altri, nove volontari italiani nelle 24^ e 29^ Divisione Granadier delle SS, oltre centocinquanta delle Brigate nere, più di cento della Legione Ettore Muti e oltre quaranta della Decima Mas.
Qui sono state tumulate alcune delle figure che hanno fatto la storia del ventennio fascista e della Rsi: Alessandro Pavolini l’ultimo segretario nazionale del Partito fascista repubblicano, oltre che comandante generale delle Brigate Nere, i gerarchi Francesco Maria Barracu e Carlo Borsani, Francesco Colombo il capo della Ettore Muti, che operò come “polizia fascista” nella caserma di via Rovello (poi sede del Piccolo Teatro), dove furono allestite camere di tortura e una “cella della morte”, e che offrì gli uomini per il plotone di esecuzione che fucilò il 10 agosto del 1944 in Piazzale Loreto quindici patrioti. Oltre a loro, Armando Tela uno dei luogotenenti della “banda Koch”, partecipe diretto di torture e sevizie nella sede di “Villa Triste” di via Paolo Uccello (Villa Fossati), dove si fece uso di corde per appendere i prigionieri, di tenaglie per strappare unghie, daghe di ferro da arroventare e mettere sotto i piedi dei partigiani. Tra Roma e Milano la “banda Koch” arrestò 633 antifascisti, quaranta dei quali furono assassinati. Il capo, Pietro Koch fornì tra l’altro una lista di cinquanta nomi per completare l’elenco delle persone da trucidare alle Fosse Ardeatine. Fu fucilato come “criminale di guerra” il 10 giugno del 1945 a Forte Bravetta a Roma. Nello stesso campo è stato anche sepolto molti anni dopo, nel 1974, l’ultimo federale di Milano, Vincenzo Costa, non dunque un caduto, ma qui accolto per la sua militanza neofascista nel dopoguerra, come Ampelio Spadoni, vice comandante della Legione Muti, assai attivo negli anni del dopoguerra, morto nel 1971.

RIBALTARE FATTI E RUOLI

Il culto della morte è sempre appartenuto all’identità fascista. Ora sta divenendo per le nuove leve terreno d’azione politica. Nulla a che vedere con la pietà verso i defunti. Qui i morti diventano esempio per i vivi, siano essi stati squadristi, militi della Rsi, gerarchi, fucilatori o torturatori. E attraverso il restauro delle lapidi e le rievocazioni apologetiche in questi luoghi si vuole trasmettere un’altra storia dell’Italia, rovesciando fatti e ruoli, per trasformare i liberatori in spietati carnefici e gli oppressori in vittime innocenti.

SAVERIO FERRARI

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