Andrea Camilleri e il rumore della vita

L’Osservatorio: non poteva mancare da parte nostra un ricordo dei Andrea Camilleri, uomo di cultura, sensibile ai temi dell’antifascismo, dell’inclusione, ci affidiamo per questo alla nota di Marino Sinibaldi riportata di seguito

da “Internazionale” del 18 Luglio 2019
di Marino Sinibaldi

Una volta che abbiamo idealmente provato a portare Andrea Camilleri su un’isola deserta, costringendolo al gioco di indicare un libro, un film, una musica da portare con sé, si è sottratto per principio: “Finire su un’isola deserta non mi piacerebbe per niente. A me piace sentire la vita… In un’isola deserta neanche a peso d’oro”. Un’altra volta ha raccontato di quando si era rifugiato in una casa sul Monte Amiata perché si trovava circondato da ragazzini chiassosi mentre provava a lavorare: dopo qualche giorno se n’era tornato a Roma di corsa; lassù, nel silenzio, non era riuscito a scrivere neanche una riga.
In tutto quello che Camilleri scriveva c’era il rumore della vita. Quella che scorreva intorno a lui, oggetto di un’inesauribile curiosità. Quella che si agitava dentro di lui, depositata nella sua memoria. La prima sembrava non finire mai, ma era la seconda a crescere sempre più, giorno dopo giorno e anno dopo anno, via via che il fisico e poi i sensi si facevano più deboli. Ma la memoria che gli lasciava stampati in mente, indelebili, eventi e incontri, era in fondo figlia di una stessa inclinazione verso la vita, da attraversare intensamente, con cura e attenzione verso ogni suo momento. La sua fantasia e le sue storie nascevano così, con l’ammissione – sicuramente esagerata – di non saper inventare davvero nulla.
Ma da qui deriva anche la particolare umanità di Andrea Camilleri, quella che spiega ciò che sta accadendo in queste ore. Un’ondata di emozione e di affetti simile non può spiegarsi solo con il successo del più amato scrittore italiano: c’è qualcosa di più, un moto sentimentale e pubblico che riconosce in quella figura diventata così familiare una umanità larga, capace di accogliere (quasi) tutti. Tanto più sorprendente perché non nasceva da una forma di conformismo o di indulgenza verso i nostri connazionali come sono o dalla ricerca esasperata di consenso (verso cui il successo così tardivo lo rendeva se non immune particolarmente distante). E neanche da una proclamazione coerente di virtuosità ma semmai da una concezione così ampia di umanità da includere pacificamente qualche vizio (a cominciare – ma solo cominciare – dalle tante, troppe sigarette).

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