La “ribelle irriducibile Civitavecchia” (l’espressione è del deputato social-massimalista Giuseppe Mingrino, tra i capi dell’arditismo popolare, che, a dispetto anche di questa definizione, finirà per essere un confidente della polizia fascista), è a pieno titolo da annoverare tra le città, assieme a, in ordine di tempo, Viterbo, Sarzana e Parma, che nel Biennio nero 1921-22 respinsero gli assalti “in grande stile” dei fascisti. Una resistenza popolare protrattasi fino all’ultimo, sconfitta infine sì ma capace di gettare quei semi che poi germoglieranno nella Lotta partigiana e nei decenni a venire. A colmare la lacuna ora c’è questo lavoro ad opera del civitavecchiese Enrico Ciancarini. E Ciancarini è uno bravo, continuatore d’una tradizione di studi territoriali, senza inciampare nel provincialismo o, peggio ancora, nel folclorismo che spesso minacciano l’erudizione localistica. Ne è testimonianza un suo precedente volume sulla massoneria della città marinara, All’Oriente di Civitavecchia (Sette città, 2010).
I fatti narrati partono dalla primavera del 1921, quando il movimento fascista inizia a farsi sentire nell’Italia centrale e a Civitavecchia, secondo polo industriale del Lazio, con una, ovvia, nutrita presenza dei portuali, ancora spesso imbevuti di un forte sentimento anarchico, trova l’ostilità della popolazione. Nella guerra di movimento in corso, qui come altrove, i fascisti, in questo caso provenienti da Roma e dalla Maremma toscana, riescono a trovare simpatie ed ospitalità nei quartieri bene del centro, nei caffè e negli alberghi di lusso, ove si acquartierano in vista degli assalti ai rioni periferici dove, invece, vivono i lavoratori del mare e di altre categorie, come ad esempio i cementisti, allora in piena agitazione sindacale. E il 19 maggio 1921 si hanno i primi incidenti di rilievo, proprio in vista delle celebrazioni per il XXI ann.rio della Cooperativa dei lavoratori del Porto, che i fascisti non vedono certo di buon occhio. Muoiono due lavoratori: Pietro Tartaglia e Umberto Urbani; da lì, anche per la città portuale, prende il via quella che è stata poi definita la “guerra civile dimenticata”. Il 17 luglio, quindi, la costituzione del locale Battaglione degli Arditi del popolo che raccoglierà, secondo alcune fonti, sulle seicento adesioni. Tra i fatti salienti, quello del 4 agosto del 1922, a ridosso quindi dei fatti di Parma, quando il popolo lavoratore si solleva cacciando i fascisti, coadiuvato da circa trecento operai jugoslavi che stavano costruendo la linea ferroviaria per Orte: una fratellanza che si replicherà, in Italia come nei Balcani, durante i moti resistenziali. Ma la Marcia su Roma è ormai imminente e a Civitavecchia, come nel resto del Paese, gli organismi istituzionali accompagnano al potere gli uomini di Mussolini; altro che Rivoluzione. Nel caso specifico, il Sottoprefetto D’Aniello, non avverso al fascismo ma intento a mantenere la sua imparzialità, di fatto si dà alla fuga e il gioco è fatto.