Italia: l’estrema destra nei corpi dello Stato

Dedicato a Emanuele Scieri e a tutte le vittime della cultura fascista presente nei corpi dello Stato

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L’Osservatorio: è’ datata 19 novembre 2020 l’inchiesta di Liberation che riporta l’allarme lanciato da DGSI del Ministero degli Interni francese sui gruppi identitaristi. Nel rapporto,sono stimati in 1000-1500 i soggetti pronti a mobilitarsi e a intraprendere azioni violente,alcune centinaia dei quali sono detentori di armi da fuoco, accanto a questo zoccolo duro il DGSI stima in almeno altri 1000 i simpatizzanti potenzialmente attivi individuati tra i partecipanti a manifestazioni o perché attivi sui social network della destra estrema.Tra questi molti ex poliziotti ed ex militari che si dicono pronti a riprendere le armi.

Quanto riportato da Liberation conferma l’allarme sui tentativi della destra di infiltrare forze armate e polizie europee,lanciato da Europol un anno fa,quando perciò la pandemia Covid19 non svolgeva ancora la funzione di innesco e accelerante del conflitto sociale nel quale abbiamo visto e tutt’ora vediamo la destra impegnata a dare la spallata al sistema democratico.  All’appuntamento i neofascisti si sono fatti trovare pronti, hanno infatti colto negli effetti drammatici della diffusione della pandemia quelle condizioni uniche,forse irripetibili,per tentare quella restaurazione attesa dalla fine del secondo conflitto mondiale. Si aggiunga poi come ulteriore precarizzazione della tenuta democratica, la minore presenza di anticorpi antifascisti nella società, venuti a mancare con la morte dei testimoni diretti dei disastri di 75 anni fa e che il ritorno del nazi-fascismo riproporrebbe. 

Riassumendo,è nell’incapacità delle democrazie a gestire la crisi sanitaria/economica/sociale e nell’appannamento irreversibile della memoria storica,che vanno cercati i motivi della crescita del consenso verso le parole d’ordine populiste delle destre. E questo spiega le ragioni dell’iper-attivismo mondiale dell’estrema destra nel proporsi come network militante,capace di offrire direzione e bagaglio tecnico-militare alla ribellione sociale ( si ricordi a questo proposito il ruolo della milizia “Pravy Sektor” nella rivolta di Maidan).

Su questo sito,abbiamo già scritto della sistematica infiltrazione dell’estrema destra nei corpi militari e negli apparati di polizia degli stati Europei,con l’intento di appropriarsi delle competenze militari e delle fonti di approvvigionamento di armi,munizioni ed esplosivi. Nello studio effettuato abbiamo avuto comunque modo di registrare che sia pure a volte tardivamente,le istituzioni di quei Paesi hanno agito con energia per debellare il tentativo di infiltrazione. Gruppi neo-nazi sono stati messi fuorilegge e perseguiti nella persona dei loro leader in Germania,Francia,Regno Unito e Paesi Scandinavi. Militari e agenti di polizia compromessi con gruppi di estrema destra sono stati cacciati dal corpo e processati,in Germania è stata sciolta dal Ministro dell’Interno una compagnia su tre del Commando Antiterrorismo Centrale e sempre in Germania alcune decine di poliziotti sono stati licenziati per aver partecipato sui social a chat dal contenuto nazista con riferimenti nostalgici a Adolf Hitler. In ogni Paese poi è stato attivato un sistema di collaborazione interministeriale che valuta l’idoneità psico-politica dei candidati al momento del reclutamento,prevenendo così l’ingresso di elementi non fedeli ai principi democratici.

… in Italia ?

… cosa accade? L’assenza di aggiornamenti sul tema farebbe pensare,che le nostre FF.AA. e FF.OO. siano esenti dal problema,ma noi conoscendo la nostra storia non ci crediamo e ci poniamo le domande : 

visti i numerosi precedenti poco rassicuranti, come si è agito nel nostro Paese per prevenire il rischio di infiltrazioni fasciste nei corpi militari dello stato ? Cosa si è fatto nei confronti di militari/poliziotti dichiaratamente sostenitori della destra radicale ? Esiste uno screening dei candidati che ne accerti la fedeltà alle istituzioni democratiche prima di consentirne l’accesso ai corpi militari ?

Alcune risposte siamo già in grado di darcele da soli sulla base delle cronache passate e di fatti più recenti,possiamo infatti affermare che la presenza dell’estrema destra nelle Forze Armate e nella Polizia in Italia è sempre esistito e ancora esiste,purtroppo non si ha evidenza di interventi repressivi e/o preventivi dei vertici a capo delle istituzioni coinvolte,e nel caso auspicabile che azioni siano state intraprese non ne è stata data notizia all’opinione pubblica. La mancanza di notizie fa temere il riproporsi dei soliti insabbiamenti in cui le nostre istituzioni si sono dimostrate maestre,ma procediamo con ordine, e vediamo perché l’Italia potrebbe essere il laboratorio ideale per chi a destra volesse infiltrarsi negli apparati di sicurezza dello Stato.

Le radici/le cause

la mancata Norimberga italiana ha consentito nei fatti il “travaso” nell’apparato statale repubblicano della classe dirigente del regime fascista proveniente dai vertici delle istituzioni civili e militari ,queste ultime passate non senza sofferenza da una dittatura guerrafondaia che se ne accaparrava il favore elargendo privilegi, a uno Stato democratico che all’articolo 11 della propria costituzione ripudiava la guerra come strumento di offesa. Evidentemente però i tentativi del giovane governo repubblicano di accattivarsi il favore dei militari,inclusi gli ex-fascisti, assicurandogli un occhio di riguardo nella transizione,a poco è servito se il “tintinnare di sciabole” è rimasto il leit motiv del secondo dopoguerra italiano. (si pensi a proposito di “ occhio di riguardo”, che la repubblica anti-fascista ha continuato a conteggiare agli ex-militari fascisti accorsi come volontari a combattere tra le fila di Francisco Franco, l’anzianità di servizio con i relativi benefici,maturati negli anni trascorsi in Spagna).

L’estrema destra nei corpi armati dello stato

da De Lorenzo alla “Rosa dei Venti” del generale Spiazzi,fino a Gladio, accanto ai residuati del vecchio regime come Valerio Borghese e ai neofascisti di Avanguardia Nazionale e Ordine Nuovo,la storia “infedele” delle nostre FF.AA registra puntualmente la partecipazione attiva dei corpi militari dello Stato,in primis i vertici dei CC nei tentativi di sovvertire l’ordine democratico (Piano Solo). Per tutta la durata  della “ guerra fredda “,nel tentativo di depotenziare qualunque spostamento a sinistra del nostro Paese,si succedono tentativi di golpe,ma accanto a questi casi più eclatanti risulta costante la complicità delle gerarchie militari nei confronti della destra eversiva.

E’ stata confermata dall’interno stesso dell’Arma,la connivenza tra i propri vertici e neofascisti, spesso coinvolti anche  in attività criminali comuni ( è il caso del vertice della Brigata Pastrengo di Milano ispiratore del gruppo fascista di Angelo Angeli nel sequestro e stupro di Franca Rame)  o la sistematica opera di depistaggio sull’operato dell’eversione nera ( si ricordi l’attivismo del Nucleo Investigativo dei CC di Brescia guidato dal discusso Generale Francesco Delfino nell’inchiesta sulla strage del 1974 ). Comportamenti felloni che si sono susseguiti per decenni, senza comportare una volta scoperti,né l’adozione di censure drastiche da parte dei vertici delle FF.AA. né efficaci azioni riformatrici da parte dei governi in carica a tutela dell’ordinamento democratico.          

Alcuni anni dopo,nel 2004,una riforma in effetti arrivò: l’abolizione della leva obbligatoria, che dette vita così alla saldatura tra le gerarchie militari in cerca di visibilità e una truppa volontaria attratta dal soldo e da un sistema di privilegi,primo tra tutti l’ingresso nelle “riserve di posti” dedicate nei concorsi pubblici agli ex-militari. Furono gli anni delle missioni “di pace” all’estero con migliaia di uomini e donne in divisa impegnati attivamente su fronti di guerra reale: Libano,Somalia,Iraq,Kosovo,Afghanistan. Nacque così una generazione di veterani, con l’esperienza di regole d’ingaggio di combattimento,che successivamente grazie alle “riserve”,entrò nelle FF.OO.,rendendo vano in Polizia in particolare, il processo di smilitarizzazione voluto dalla riforma del 1981 e inficiando così l’auspicata democratizzazione del corpo.

La Polizia

Del quanto sia fertile il terreno per l’infiltrazione fascista,si trova conferma nella Polizia di Stato (già Pubblica Sicurezza),l’istituzione che ha allevato,protetto e promosso i dirigenti e i picchiatori responsabili delle violenze alla scuola Diaz di Genova nel Luglio 2001 e delle torture a Bolzaneto, quelli che nell’esercizio del servizio non a caso cantavano “uno,due,tre,evviva Pinochet”,gli stessi che commentavano la morte di Carlo Giuliano con “ uno a zero per noi”.

                                                                                                 Un cancro ben radicato quello dell’ideologia fascio-patriottica se quindici anni dopo … uno che a Genova c’era stato con il VII Nucleo,Fabio T. dichiarava con fierezza su Fb che quella sera alla Diaz c’era e che ci sarebbe rientrato mille e mille volte. “Quello che volevamo era contrapporci con forza,con giovane vigoria,con entusiasmo cameratesco a chi aveva impunemente,dichiarato guerra all’Italia” . Il risultato di quel diffuso “entusiasmo cameratesco” di Fabio & colleghi,portò un bilancio senza precedenti nella storia della Repubblica: 6.200 candelotti lacrimogeni e 20 colpi di pistola sparati dalle FF.OO, 250 persone arrestate,oltre 900 dimostranti feriti (quelli ufficiali )  e 1 morto tra i dimostranti.Il morto era un ragazzo 23 anni,Carlo Giuliani che Fabio T. si augura “ che sotto terra faccia schifo anche ai vermi”.

Su provvedimenti presi nei confronti del poliziotto (tra l’altro sindacalista Consap ) e dei colleghi che lo avevano spalleggiato non se ne è saputo niente o forse non è stata applicata alcuna sanzione definitiva  se poco tempo dopo,a Milano il problema si ripresentò …

è’ il 23 dicembre 2016, il terrorista Anis Amri, responsabile pochi giorni prima di una strage a Berlino, viene ucciso in un conflitto a fuoco dai due agenti di polizia Movio e Scatà. Il Governo Tedesco che in prima intenzione avrebbe voluto conferire agli agenti una medaglia rinunciò scoprendo che entrambi gli agenti avevano infatti il vizietto di postare sui social immagini e commenti contro gli immigrati,immagini del Duce,di Hitler, condite da appelli nostalgici e selfie in posa nel saluto romano. Il vizietto costò a entrambi il riconoscimento del governo tedesco ma non precluse loro quello conferito pubblicamente da parte della più alta carica dello Stato Italiano in occasione del 165° Anniversario della Polizia di Stato.

 

 

 

 

 

 

 

 

Di entrambi non si è saputo più nulla, le uniche notizie giunte riguardavano le misure di protezione assunte nei loro confronti. Zero censure per i contenuti apologetici postati sui social.

Due casi per dimostrare che a 20 anni dalla vergogna di Genova, l’humus ideologico della truppa è rimasto lo stesso di allora,come identica è rimasta la compiacenza dei vertici politici e militari.  Pesi e misure diversi quelli degli Stati Italiano e Tedesco. Sicuramente una contraddizione su cui meditare,un Filo d’Arianna da svolgere per venire a capo di un fenomeno sul quale in Italia, malgrado le frequenti manifestazioni di rinascente fascismo, nessuno vuole indagare.

Il reclutamento

Un aiuto per capire le simpatie ideologiche diffuse tra vertici e truppa, alla base del rischio di infiltrazione può venire dallo studio dell’ambiente nel quale viene formata la recluta,che diverrà poi un garante dell’ordine pubblico :

Scrivono il sociologo Charlie Barnao e il collega Pietro Saitta in uno studio del 2012 intitolato “Costruire guerrieri: autoritarismo e personalità fasciste nelle forze armate italiane”.”Sadismo e masochismo, rispetto per le convenzioni, sottomissione per l’ordine vigente”: ”l’apprendimento dell’aggressività all’interno delle istituzioni militari si basa su modelli di psicologia comportamentista e punta all’esplicita formazione di personalità autoritarie e fasciste” – “Il modello si basa sul principio stimolo-risposta. Il suo nucleo fondante è quello dell’utilizzo della frustrazione e dell’aggressività per formare il soldato.    In Italia, in particolare, sono sempre più numerosi gli ex militari presenti tra le fila della Polizia – la legge che nel 2004 ha messo fine alla leva obbligatorio stabilisce un canale preferenziale per il loro reclutamento – ”Puntare a un tipo di personalità di questo genere fa si che queste persone in condizione di particolare stress possono tenere comportamenti sadici e di violenza incontrollata,” sostiene Barnao. “Soprattutto, in occasione di missioni internazionali o nella gestione dell’ordine pubblico.”

Sempre dagli stessi autori,nel saggio del 2013, “La violenza normalizzata Omofobie e transfobie negli scenari contemporanei“ si asserisce che dai primi anni 2000, la maggior parte dei posti disponibili nelle forze di polizia italiana sono riservati solo ai veterani e al personale proveniente dall’esercito. I soli posti disponibili per i civili sono quelli per il ruolo di ufficiale, e sono in numero molto limitato. Nel saggio è riportata una conversazione con il vice-comandante di una stazione di polizia, con meno di quarant’anni, che afferma: “gli ex militari sono maleducati. … si sentono superiori ai civili, ci considerano burocrati che non hanno mai guardato in faccia il pericolo… “ – lo stesso ufficiale nota: “ai tempi dell’accademia, io ero laureato e il mio compagno di stanza era un elettricista. Eravamo due mondi letteralmente diversi che si incontravano. Oggi, immagino che la notte, in quella stessa stanza, quelle persone parlano di fucili, M16, della volta che hanno sparato a qualcuno in Kosovo o la volta in cui erano sotto attacco, e così via…”

Fin qui le analisi sociologiche,di seguito alcuni nomi :Carlo Giuliani,Giuseppe Uva, Stefano Cucchi, Federico Aldrovandi, Gabriele Sandri, Michele Ferrulli e Christian De Cupis, tutti deceduti in seguito alle violenze cui sono stati sottoposti,durante l’arresto o da detenuti in cella in attesa di processo, oppure colpiti dalle pallottole esplose senza motivo da agenti di polizia.

il punto :

le recenti promozioni elargite a funzionari e dirigenti della polizia di stato coinvolti in episodi drammatici come quelli legati alle violenze ingiustificate del G8 di Genova dimostra non solo che non c’è alcuna revisione critica dei comportamenti all’interno dell’istituzione,ma che lo stesso Stato, nei diversi avvicendamenti dei Governi in carica,di destra come di sinistra,non ha mai  ritenuto necessario censurare i responsabili degli eccessi. In questo contesto come sperare che esista a livello centrale un monitoraggio dei tentativi di fare proselitismo dell’estrema destra all’interno dei corpi di polizia ? E spontanea sorge la domanda : che provvedimenti sono stati presi nei confronti dell’agente Luca Scata che nel proprio profilo twitter postava la foto del Duce con i commenti che poco si addicono a un poliziotto democratico :

 

“ 28 aprile 1945 – 28 Aprile 2015 Il tradito potrà essere un ingenuo,ma il traditore rimarrà sempre un infame!” #dux#nobis#grandeuomo

L’obiettivo non è ovviamente perseguire l’autore del post,che rappresenterebbe di suo un problema relativo se circoscritto, il vero punto è un altro, cosa hanno fatto i suoi diretti superiori per sanzionare il suo comportamento e per prevenirne la diffusione tra gli altri poliziotti.

 

 

Le FF.AA.

Fin qui abbiamo tentato di capire se esistono nelle forze dell’ordine i presupposti per temere fenomeni di infiltrazione della destra radicale così come annunciato dall’agenzia Europol nel 2019 e come puntualmente avvenuto in altri stati europei che hanno dimostrato al proprio interno sufficienti anticorpi per circoscrivere le infiltrazioni, per individuare e perseguire le mele marce. In Italia,invece,non abbiamo avuto evidenza di questa vigilanza, e alcuni casi portati ad esempio hanno dimostrato la tolleranza dei vertici amministrativi e politici verso i propugnatori dell’ideologia fascista tra i poliziotti in servizio. Poiché una ,forse la principale ragione di questa “devianza” nasce dal reclutamento,come spiegato dal sociologo Barnao,è lecito immaginare che lo scenario offerto dalle forze armate sia ben peggiore.

Il “nonnismo”

La leva obbligatoria,fu considerata dalla sinistra negli anni bui dei tentati golpe,della strategia della tensione il baluardo democratico dal quale mai recedere; l’organizzazione dei militari di leva negli anni 70 servì a denunciare gli ufficiali e sottufficiali fascisti,gli intrallazzi negli acquisti le vessazioni del “nonnismo” coperto e benedetto dai comandi ; purtroppo tutto quel fermento democratico,già ridimensionato nei decenni successivi dall’arretramento del movimento, terminò nel 2004 quando abolito il servizio di leva,il reclutamento,come si è detto, divenne su base volontaria. Le FF.AA dettero la possibilità ai volontari di scegliere tra la ferma breve o quella prolungata di quattro anni,con la promessa di una crescita professionale una volta tornati civili conseguita con la formazione tecnica nelle specialità militari o con le due opzioni di diventare militari di professione o il poter accedere alla fine della ferma ai concorsi per l‘ingresso nella riserva di posti tra  Carabinieri,Guardia di Finanza,Polizia di Stato,Polizia Penitenziaria .

La Folgore

Emanuele Scieri

La trasformazione del servizio di leva volontario,fu salutato positivamente da una opinione pubblica ancora fortemente scossa dalla morte del parà Emanuele Scieri avvenuta presso la caserma Gamerra di Pisa. Un caso all’inizio dai contorni poco chiari grazie ai riusciti tentativi di depistaggio dei vertici della Folgore, per arrivare quasi vent’anni dopo i fatti all’accusa di omicidio volontario dell’allievo parcadutista a carico di tre caporali,tre “nonni”,reato contestato con l’aggravante dei motivi inutili e abietti.

                                                                                                                                                                                                                                                                                    Una citazione dovuta questa,non solo per ricordare il giovane parà siracusano ucciso,ma anche per aprire una finestra sul reparto dell’esercito italiano caratterizzato per antonomasia da un forte orientamento politico verso la destra estrema,tollerato dagli alti gradi del reparto, dallo Stato Maggiore e dai politici in carica : la Brigata Paracadutisti Folgore.

 

 

 

 

 

 

Fanno parte della storia orale trasmessa dai vecchi ai nuovi parà i cinque giorni di scontri dei militari con il popolo livornese nell’aprile 1960, la marcia di  centinaia di “paraca” inquadrati, su Pisa del 1981, che al grido di “boia chi molla”aggredirono i cittadini  per ritorsione all’aggressione subita da due loro camerati,fino ai casi di razzismo sfociati in episodi di tortura e violenza sessuale su civili perpetrati in Somalia nei primi anni ‘90. Davanti a tutto questo il video del 2014 che riprende una trentina di parà cantare un inno fascista sembra roba da educande e non aggiunge nulla se non confermare le responsabilità dei vertici che hanno condiviso  valori e  comportamenti intrisi della mistica fascista.

 

 

 

Anche in questo caso ci torna utile il contributo del sociologo Charlie Barnao,forse mai come in questo caso si potrebbe dire,perché Barnao ha prestato il servizio di leva nei Paracadutisti della Folgore,ne ha conosciuto usanze e cultura,vivendo a contatto con commilitoni e superiori con alle spalle storie disparate.Questa esperienza diretta, unita alla scelta professionale di sociologo e di autore di studi etnografici lo porta ad affermare che il sistema che caratterizza la Folgore è frutto di un modello educativo che mira alla formazione di “personalità autoritarie e fasciste”.

In una intervista di qualche anno fa rilasciata a VICE News, Charlie Barnao,raccontava

“Discendente diretta del Battaglione Fanti dell’Aria di Italo Balbo, squadrista di spicco e noto gerarca fascista, le radici della Brigata affondano nel Ventennio. Da quell’epoca il corpo ha mutuato alcune delle sue tradizioni”.                                                                                     

Nel 2014, fa fece scandalo un video circolato su internet nel quale una trentina di ex parà intonano una versione riadattata di ‘Se non ci conoscete’, inno dei tempi mussoliniani” . 

 

Lo sai che il paraca ne ha fatta una grossa, si è pulito il culo con la bandiera rossa. Bombe a mano e carezze col pugnal,” cantavano i baschi amaranto prima di chiudere la performance col braccio teso. Il sentimento nostalgico del mondo della Folgore si muove anche su Facebook.  Sono diverse le pagine e i gruppi legati alla Brigata dove compaiono post che osannano il Duce o l’essere ‘italiani veri’, spesso con espressioni apertamente razziste.

 

 

Accanto a un’infatuazione per il Ventennio, tra i ranghi della Folgore si inserirebbe però – a detta del professor Barnao – anche un fascismo più sistemico, strutturale. Non tanto legato a simboli folkloristici ma alla mentalità acquisita all’interno della caserma. “I due tipi di fascismo che si incontrano nella forze armate sono sia quello storico-culturale, che uno di tipo psicologico,” spiega a VICE News Barnao.  “Ci sono dei riferimenti culturali ben precisi — basta leggere i resoconti di Bolzaneto e Diaz. Il retaggio della cultura fascista è ampiamente presente e dimostrato all’interno delle Forze Armate.”

La pompata

Tra i riti che gli allievi della Folgore seguono all’interno di un training durissimo quello più significativo è la cosiddetta pompata, una serie di flessioni sulle braccia che il soldato esegue su ordine di un superiore. Di pompate ne esistono diverse, tutte con le proprie regole precise. C’è quella punitiva per chi si è dimostrato indisciplinato o irrispettoso — in questo caso, l’allievo, impegnato con i piegamenti a terra, può essere picchiato a piacimento dal superiore. Poi c’è la pompata del basco a terra: ogni volta che un parà fa cadere il suo berretto, oggetto di culto tra i commilitoni, deve eseguire almeno venti flessioni tenendo il basco tra i denti.

“Il rituale della pompata racchiude in sé i principali elementi costitutivi della suddetta Scala F,” scrivono Barnao e il collega Pietro Saitta in uno studio intitolato “Costruire guerrieri: autoritarismo e personalità fasciste nelle forze armate italiane”. “Sadismo e masochismo, rispetto per le convenzioni, sottomissione per l’ordine vigente.

“È quindi attraverso questo rituale… che molti degli elementi che costituiscono il modello della personalità autoritaria e fascista vengono riprodotti, trasmessi e insegnati.” All’epoca della pubblicazione dello studio,nel 2012,ci fu una reazione molto aggressiva che vide da un lato ex parà con i propri siti web creati ad hoc per smontare le tesi degli autori ,dall’altro “ Il Giornale” che della polemica fece un caso giornalistico.

Conclusioni

Come nel caso dell’agente che postava sul proprio profilo messaggi inneggianti al Duce,non vogliamo scagliare la croce addosso solo alla Folgore per le dichiarate simpatie fasciste dei suoi membri,ci interessava descrivere in questa inchiesta il contesto in cui in Italia si vive l’allarme dell’infiltrazione dell’estrema destra nei corpi dello Stato. Per fare questo ci siamo rifatti a “immagini di repertorio” che descrivono spesso quello che era, non la realtà odierna. Ai tempi delle violenze dei parà a Livorno e a Pisa, esisteva ancora nel nostro Paese una coscienza democratica eredità della Resistenza,quella che è venuta a mancare come scrivevamo all’inizio,con la morte dei protagonisti. Quella coscienza,caratteristica della sinistra ma presente anche in molti personaggi politici appartenenti ai partiti dell’allora ”arco costituzionale”,che faceva la differenza relegando il fascismo ai margini della società civile. Oggi,le cose sono cambiate,la crisi,la pandemia,il largo consenso dei movimenti conservatori e soprattutto la mancanza di una coscienza unitaria antifascista rende preoccupante la situazione

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