05/04/2016 10:42 CEST | Aggiornato 05/04/2016 12:00 CEST
Laura Eduati – L’Huffington Post

Stretti collaboratori di Marine Le Pen, il “cerchio magico” della presidente del Front National, sono accusati di aver messo in piedi “un sistema offshore sofisticato” per nascondere fondi nei paradisi fiscali. Denaro che potrebbe essere stato usato, scrive Le Monde, per il finanziamento delle campagne presidenziali e politiche del 2012.
Il quotidiano francese ha trovato nei documenti Panama Papers due nomi di personaggi molto vicini alla leader del Front National: l’uomo d’affari Frédéric Chatillon e l’esperto contabile Nicolas Crochet.
Ma tra i documenti spunta anche una pista per il tesoro di Jean-Marie Le Pen, il patriarca e fondatore del Front National, padre di Marine, che dal 2015 il fisco francese ha messo sotto inchiesta per riciclaggio con il sospetto che abbia trasferito all’estero denaro e lingotti d’oro. Sospetto che ora i Panama Papers rivelano essere piuttosto fondato.
Riporta Le Monde:
Un sistema offshore sofisticato è stato messo in piedi tra Hong Kong, Singapore, le isole Vergini britanniche e Panama. Il sistema serviva per far uscire il denaro dalla Francia attraverso delle società fittizie e con fatture false. Lo scopo era quello di sfuggire ai servizi anti-riciclaggio francesi.
Al centro di questa ingegneria finanziaria offshore: Frédéric Chatillon. Ex dirigente del Groupe union défense (Gud), gruppuscolo di studenti d’estrema destra, incontrò Marine Le Pen alla facoltà di legge d’Assas agli inizi degli anni ’90. Un’amicizia solida che si è ulteriormente rafforzata da quando la sua società, Riwal, è diventata lo sponsor principale della comunicazione nelle campagne elettorali del Front National e, dal 2012, l’unica fornitrice di servizi per il partito.
Sempre secondo la ricostruzione del quotidiano francese, nel 2012 Chatillon fece uscire dal territorio francese e dal bilancio della Riwal 316mila euro con l’obiettivo di investire questa cifra in una società con base a Singapore, dove non doveva spiegare l’origine dei fondi. Per farlo, continua Le Monde, l’uomo d’affari insieme con l’esperto contabile Crochet organizzò una fitta rete di scatole cinesi.
Per giustificare l’uscita dei soldi dalla Francia all’Asia, la finta società Ever Harvest emise una fattura altrettanto fasulla nei confronti di Unanime France, dove era spiegato che il pagamento riguardava la realizzazione di siti web del Rassemblement Bleu Marine per le elezioni politiche del 2012. Quei siti vennero effettivamente creati, ma non dalla Ever Harvest.
Lunedì, non appena i giornali di tutto il mondo rivelavano la portata della fuga di notizia denominata Panama Papers, il Front National aveva scritto un duro comunicato contro la “globalizzazione selvaggia” e i vizi connessi, cioè i paradisi fiscali. Ma non erano ancora usciti i dettagli sul coinvolgimento del cerchio magico di Marine Le Pen.
Il comunicato comincia così: “Le supposte rivelazioni sullo scandalo dei Panama Papers non sono niente di nuovo e sono invece sintomatiche dei vizi di un sistema che porta un nome ben conosciuto: globalizzazione selvaggia. Questa libera circolazione senza controllo di uomini, merci e capitali, sommati alla dominanza totale della grande finanza a tutti i livelli dell’economia, non può che generare sistemi di frode e riciclaggio altrettanto globalizzati”.
Non solo Marine, anche Jean-Marie Le Pen è direttamente coinvolto nello scandalo finanziario di Panama Papers. Secondo Le Monde, una parte della ricchezza nota come “il tesoro” del fondatore del Front National è stata dissimulata attraverso la società offshore Balerton Marketing Limited, creata nei Caraibi nel 2000.
Banconote, lingotti, monete d’oro, ci sarebbe di tutto nel “tesoro”, intestato al prestanome Gerald Gerin, ex maggiordomo di Jean-Marie e della moglie Jany Le Pen.
La società Balerton figura nei file della ditta di domiciliazione offshore panamense Mossack Fonseca, al centro dello scandalo dei Panama Papers sul riciclaggio di denaro nei paradisi fiscali. Il rappresentante legale della società è un avvocato svizzero, Marc Bonnant. Ma dal dossier emergono dettagli fondamentali: il primo è un numero di conto presso una banca a Guernesey. Il secondo è che nel capitale della Balerton figurano 97mila euro in contanti, 854mila euro in azioni e 26 lingotti d’oro, oltre a oggetti di valore. E’ questo il tesoro dei coniugi Jean Marie e Janine Le Pen?
Per il fisco francese non è ancora chiaro chi sia davvero il proprietario del tesoro, ma molti indizi portano al padre del Front National, specialmente perché per gli inquirenti appaiono molto strani movimenti e bonifici che animano non solo la Balerton ma anche il conto corrente di Gerin, l’ex maggiordomo. Il sospetto è che Gerin sia soltanto il prestanome della famiglia Le Pen.
Dura la reazione di Jean Marie Le Pen: “Gli affari di Gerin riguardano esclusivamente Gerin”. E’ anche la risposta data dall’uomo diventato una specie di ombra dell’ex politico francese.