Processato nel 1947 per crimini di Guerra (Fosse Ardeatine, Marzabotto e altre orrende stragi di innocenti), Albert Kesselring, comandante in capo delle forze armate di occupazione tedesche in Italia, fu condannato a morte. La condanna fu commutata nel carcere a vita. Ma già nel 1952, in considerazione delle sue “gravissime” condizioni di salute, egli fu messo in libertà. Tornato in patria fu accolto come un eroe e un trionfatore dai circoli neonazisti bavaresi, di cui per altri 8 anni fu attivo sostenitore. Pochi giorni dopo il suo rientro a casa Kesselring ebbe l’impudenza di dichiarare pubblicamente che non aveva proprio nulla da rimproverarsi, ma che – anzi – gli italiani dovevano essergli grati per il suo comportamento durante i 18 mesi di occupazione, tanto che avrebbero fatto bene a erigergli… un monumento.
A tale affermazione rispose Piero Calamandrei, con una famosa epigrafe (recante la data del 4.12.1952, ottavo anniversario del sacrificio di Duccio Galimberti), dettata per una lapide “ad ignominia”, collocata nell’atrio del Palazzo Comunale di Cuneo in segno di imperitura protesta per l’avvenuta scarcerazione del criminale nazista. L’epigrafe afferma:
LO AVRAICAMERATAKESSELRINGIL MONUMENTO CHE PRETENDIDA NOI ITALIANIMA CON CHE PIETRA SI COSTRUIRÀA DECIDERLOTOCCA A NOINON COI SASSIAFFUMICATIDEI BORGHI INERMI STRAZIATIDAL TUO STERMINIONON COLLA TERRA DEI CIMITERIDOVE I NOSTRICOMPAGNI GIOVINETTIRIPOSANO IN SERENITÀNON COLLA NEVEINVIOLATA DELLE MONTAGNECHE PER DUE INVERNI TI SFIDARONONON COLLA PRIMAVERADI QUESTE VALLICHETI VIDE FUGGIREMA SOLTANTO COL SILENZIO DEI TORTURATIPIÚ DURO D’OGNIMACIGNOSOLTANTO CON LA ROCCIA DI QUESTO PATTOGIURATOFRA UOMINI LIBERICHE VOLONTARIS’ADUNARONOPER DIGNITÀ NON PER ODIODECISI ARISCATTARELA VERGOGNA E IL TERRORE DEL MONDOSU QUESTE STRADE SE VORRAI TORNAREAI NOSTRIPOSTI CI TROVERAIMORTI E VIVI COLLOSTESSO IMPEGNOPOPOLO SERRATOINTORNO AL MONUMENTOCHE SICHIAMAORA E SEMPRERESISTENZA