Roma,23 giugno 1980. Ucciso dai NAR Mario Amato

L’Osservatorio: il 23 Giugno 1980,il magistrato Mario Amato viene assassinato dai NAR a soli 43 anni,mentre è in attesa dell’autobus che lo dovrebbe portare in Tribunale.Incaricato dalla Procura di Roma di indagare sulla destra eversiva e sui legami della stessa con la malavita,Amato venne lasciato solo dai suoi superiori nella sua difficile missione e soprattutto gli venne negata la protezione che gli avrebbe forse evitato il destino in cui incorse.
Nelle foto che ritraggono il corpo senza vita di Mario Amato,quella di una scarpa con la suola sfondata testimonia lo stile di vita onesto,di un uomo molto lontano dai clamori e dalle luci della ribalta mediatica tipici del Tribunale di Roma. Amato stava andando al lavoro a piazzale Clodio con l’autobus,perché l’auto blindata, che aveva richiesto occupandosi di indagini “a rischio”, gli era stata negata con la burocratica giustificazione che gli autisti sarebbero stati disponibili soltanto a partire dalle 9 di mattina, mentre Amato era uso essere al lavoro al Tribunale già alle 8. Dopo il suo omicidio, al Tribunale furono assegnate trecento vetture blindate e il Procuratore Generale Giovanni De Matteo, che lo aveva lasciato di fatto solo nel suo lavoro d’indagine, fu inquisito dal Consiglio Superiore della Magistratura, che lo trasferì ad altro incarico presso la Corte di Cassazione. In seguito, De Matteo fu definitivamente assolto dal Tribunale di Perugia

da wikipedia
Dopo essere stato sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Rovereto dal settembre del 1971 all’estate del 1977, il 30 giugno 1977 Mario Amato fu trasferito con la stessa qualifica presso la Procura di Roma.
Ebbe incarico dal Procuratore Generale Giovanni de Matteo di riprendere le indagini avviate dal magistrato Vittorio Occorsio, che era stato ucciso mentre indagava sul gruppo di destra eversiva dei NAR e sul neofascista Pierluigi Concutelli (le indagini dimostrarono successivamente che fu proprio il Concutelli l’autore dell’omicidio Occorsio). Amato ebbe allora la promessa – mai mantenuta – di essere affiancato da uno o due altri colleghi.
Con Vittorio Occorsio, Mario Amato fu il primo magistrato a «tentare una “lettura globale” del terrorismo nero. Attraverso i parziali successi delle indagini su singoli episodi terroristici disse davanti al Consiglio Superiore della Magistratura il 13 giugno 1980 – solo dieci giorni prima di essere ucciso -:
«sto arrivando alla visione di una verità d’assieme, coinvolgente responsabilità ben più gravi di quelle stesse degli esecutori materiali degli atti criminosi.»

Alessandro e Antonio Alibrandi

Amato riuscì a ricostruire le connessioni tra destra eversiva e Banda della Magliana e intuì i legami tra sottobosco finanziario, economico e potere pubblico …
Fu però lasciato solo a svolgere queste indagini, isolato dai suoi superiori e oggetto di continui attacchi da parte del collega giudice Antonio Alibrandi (padre del terrorista dei NAR Alessandro e fedelissimo di Giusva Fioravanti). In una Procura della Repubblica che sarà poi chiamata spesso dalla stampa, riprendendo il titolo di un’opera di Georges Simenon, Il porto delle nebbie,Amato era destinato ad entrare presto così nel mirino della destra eversiva e terroristica.

L’omicidio

Gilberto Cavallini in una foto dell’epoca 

Il «terrorismo nero» fu da lui perciò indagato nella più sconsolante solitudine e solo rimase fino alla mattinata del 23 giugno 1980 poche settimane prima della Strage di Bologna.Ricevuto un diniego per l’uso di una vettura blindata, per le “difficoltà” di fargli arrivare alle 8,00 del mattino uno degli autisti (che entravano in servizio solo alle 9,00), Mario Amato non ebbe modo di giungere in sicurezza nel suo ufficio alla Procura, in Piazzale Clodio.                                                                                                                                       Mentre attendeva un autobus alla fermata posta all’incrocio tra Viale Jonio e Via Monte Rocchetta, il sostituto procuratore fu raggiunto alle spalle da Gilberto Cavallini che gli esplose alla nuca un colpo di rivoltella fatale, per poi fuggire con una motocicletta che lo aspettava, alla cui guida era l’altro NAR Luigi Ciavardini.

Alla notizia dell’avvenuto assassinio, i pluriomicidi Giusva Fioravanti e Francesca Mambro festeggiarono, secondo le loro stesse dichiarazioni, consumando ostriche e brindando con champagne.Stilarono poi il volantino di rivendicazione in cui affermavano: «oggi Amato ha chiuso la sua squallida esistenza, imbottito di piombo».

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