Considerazioni su quanto sta avvenendo intorno a Via Napoleone III
Non ci metteremo a fare sofismi sulla notizia relativa alla notifica del sequestro preventivo dell’immobile occupato dai fascisti del terzo millennio, siamo decisamente contenti ma siamo portati a credere alle cose quando le stesse giungono alla fine; dietro al tanto fumo che si sta alzando vogliamo andare a vedere quanto arrosto c’è.
Va detto che rispetto a quanto confusamente circolava già mercoledì 3 sera e con maggior definizione nelle prime ore di giovedì 4 giugno il quadro ha assunto due livelli di diverso valore e spessore.
IL SEQUESTRO PREVENTIVO: ai sensi del comma 1 dell’articolo 321 del codice di procedura penale, a richiesta del Pubblico Ministero, il Giudice competente a pronunciarsi in merito dispone il sequestro preventivo (o giudice per le indagini preliminari prima dell’esercizio dell’azione penale) “quando vi è pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati.
In base alle informazioni che giravano, il reato che aveva portato alla notifica del sequestro preventivo era quello di occupazione abusiva. E su questo argomento potevamo tranquillamente dire che le tartarughe frecciate potevano dormire sonni tranquilli, potendo contare su validi appoggi, primo fra tutti quello del Prefetto di Roma, Gerarda Pantaleone, ex dirigente al dipartimento Immigrazione del Viminale, nominata quando a dirigere il Ministero dell’Interno era Matteo Salvini. Vale quindi la pena ritornare con la memoria ai giorni del maggio dello scorso anno quando il solito manipolo di fascisti del terzo millennio, imbeccati dal solito uccellino che dall’interno del Comune di Roma li avvisava sulle assegnazioni di case popolari a “non italiani”, (al riguardo http://www.osservatoriosulfascismoaroma.org/roma-una-talpa-informa-casapound-sugli-alloggi-liberi-da-occupare/ )
si presentava a Casal Bruciato per impedire la legittima assegnazione di una abitazione popolare ad una famiglia rom.
Il sindaco di Roma Virginia Raggi la mattina stessa si presentava sul posto per esprimere solidarietà alla famiglia assegnataria e per condannare l’azione squadrista di CasaPound, rinnovando la richiesta di chiusura della loro sede all’Esquilino.
A distanza di un paio di giorni, il Prefetto di Roma in merito si esprimeva in questi termini “C’è una circolare del ministero che fissa alcuni requisiti. Chi li ha è nella lista delle priorità, chi non li ha no” come riporta Marianna Rizzini nel suo articolo comparso sulla versione online de Il Foglio del 9 maggio 2019. E il palazzo di via Napoleone III, guarda caso, nella lista delle priorità non c’è. Al riguardo:
http://www.osservatoriosulfascismoaroma.org/tria-alla-raggi-casapound-non-si-sgombera/
Che poi CasaPound abbia sempre avuto sostenitori nell’apparato nello stato non è cosa nuova, è sufficiente ricordare la relazione che fu redatta dalla Direzione centrale della polizia di prevenzione nell’aprile 2015 su CasaPound Italia inviata al tribunale civile di Roma, a firma del prefetto Mario Papa, dove si discuteva la causa civilistica e risarcitoria intentata dalla figlia del poeta americano Ezra Pound sull’utilizzo del nome del padre: Uno «stile di militanza fattivo e dinamico ma rigoroso nel rispetto delle gerarchie interne» per «sostenere una rivalutazione degli aspetti innovativi e di promozione sociale del Ventennio». E ancora: «Primario l’impegno a tutela delle fasce deboli attraverso la richiesta alle amministrazioni locali di assegnazione di immobili alle famiglie indigenti e l’occupazione di immobili in disuso».
Ed è anche paradossale, e sicuramente preoccupante, che sul Fatto Quotidiano sia apparsa la notizia secondo cui “alcuni agenti della Questura romana abbiano soffiato a pochi militanti l’imminente arrivo di un ordine di sgombero della sede romana del movimento di estrema destra”.
Insomma, da queste prime notizie la sensazione del tanto fumo e poco arrosto appariva quasi inevitabile.
Ma l’aspetto che ha cambiato, e non di poco, il quadro della situazione è questa: la seconda indagine aperta della Procura di Roma che vede indagati per associazione a delinquere finalizzata all’istigazione all’odio razziale 16 esponenti di Casa Pound Italia tra i quali Gianluca Iannone, Andrea Antonini e Simone di Stefano. Fin qui la cronaca.
BASTONA IL CANE CHE AFFOGA
Lungi da noi evocare violenze sui fedeli amici dell’uomo, le antifasciste e gli antifascisti di una certa età ricorderanno sicuramente la citazione di Mao Tse Tung. Il concetto che vorremmo affermare è che le vicende giudiziarie delle ultime ore che vedono protagonisti i fascisti di CPI non devono distoglierci dagli obiettivi che come antifascisti da sempre ci siamo posti, in primis lo scioglimento delle organizzazioni fasciste e lo sgombero di area 121 a Ostia.
Non sarà certo l’eventuale sgombero da via Napoleone III che metterà in crisi le tartarughe frecciate, che con le ampie disponibilità economiche delle quali ci siamo interessati agli albori del nostro sito e che sono state fatte anche da altre testate giornalistiche non avranno difficoltà a reperire un nuovo sito. Al riguardo:
http://www.osservatoriosulfascismoaroma.org/cosi-casapound-prende-soldi-con-il-5-per-mille/
Per gli antifascisti è doveroso mantenere e moltiplicare l’impegno affinché non ci sia un nuovo posto agibile perché Casa Pound Italia e le altre organizzazioni fasciste vanno sciolte in base alle Leggi Scelba e Mancino.
E tenere gli occhi bene aperti sull’occupazione di Area 121. Perché come riporta Repubblica
“Lo schema si ripete nell’area 121 di via delle Baleniere dove non ci sono solo famiglie bisognose di casa: ci sarebbe una mamma con un figlio e Luca Marsella, riferimento di CasaPound a Ostia, assicura che sono almeno dieci le famiglie bisognose presenti. Ma i residenti giurano che tra loro ci sono soprattutto sbandati, pusher e persone con precedenti: insomma è una questione di ordine pubblico. “Se volevano fare i benefattori avrebbero tenuto anche Paolo e il suo cagnolino. E invece hanno mandato via Paolo e investito il gatto”, dice una residente del quartiere che chiede l’anonimato perché ” con questi non si sa mai. Oggi ( ieri, ndr) stavano sulle sdraio seduti in terrazza. Saremmo tutti contenti se aiutassero le famiglie, ma bisogna vedere se è vero e non so, io vedo tutti giovani e mi sembra strano. Chi ha bisogno si rimbocca le maniche e fa di tutto per lavorare”. Di sicuro da giorni l’area 121 è diventata una base di CasaPound che di giorno è presidiata da vedette e di notte prende vita: i residenti riferiscono di persone che entrano ed escono dal cortile, di scooter e di furgoni e soprattutto di un Pick Up bianco Ford, non certo un mezzo da famiglia senzatetto, che fa avanti e indietro per la via. Più tempo passa, più sarà difficile fare chiarezza. Dopo l’exploit delle elezioni del 2017, i neofascisti sembravano aver perso potere a Ostia, soprattutto fra i giovani di Blocco Studentesco. “Non sto più nel movimento – spiega uno di loro che chiede di mantenere l’anonimato – però secondo me in via delle Baleniere ci saranno una ventina di militanti e alcune famiglie. Lo sgombero potrebbe essere una motivazione. Non so cosa fanno di notte ” . Di certo a Ostia sono tornati i riflettori su Casa- Pound.”
A ribadire un concetto che ci sembra importante riportiamo alcuni stralci di questo articolo pubblicato su Dinamo Press e che ci sentiamo di condividere e cioè che uno spazio pubblico non può essere a disposizione di un gruppo di razzisti e violenti :
https://www.dinamopress.it/news/casapound-odio-razziale-non-occupazione-abusiva/
“Mentre il dibattito pubblico è tutto concentrato sulla marginale questione dell’occupazione abusiva, non si discute di quello che la società civile e le reti antifasciste e antirazziste denunciano da tempo: CasaPound, al pari di altri gruppi dell’estrema destra italiana, promuove attivamente campagne razziste che spesso e volentieri sfociano in violenza. A Roma è successo lo scorso anno a Torre Maura e Casal Bruciato, nei mesi precedenti a Tiburtino III e Ostia. Il fatto che ci sia ora un’indagine che ne parli non prova nulla in particolare, né se ci sarà o meno un processo o una condanna, quello che è importante è che nel dibattito pubblico avvelenato è un’occasione in più per chiamare le cose con il loro nome: per esempio, che il razzismo è razzismo e non «la rabbia dell’esasperazione delle periferie abbandonate.”
Ed in ultimo, perché no, pressare le forze democratiche affinchè il prefetto di Roma non ostacoli le attività di sgombero, perché possiamo ben dire che dal momento del suo insediamento, la gestione dell’ordine pubblico è stata fin troppo generosa nei confronti dei fascisti e delle loro scorribande mentre ci tornano facilmente alla memoria le operazioni di sgombero di spazi sociali ed occupazioni a scopo abitativo; se anche in questa occasione il suo comportamento sarà di sostanziale disinteresse, dovremo avere la forza di richiederne la rimozione; in questa ottica , destano infatti già sospetto le sprezzanti e tranquillizzanti dichiarazioni di Simone di Stefano rilasciate a Il Primato Nazionale (chi ne ha voglia e fegato può trovarle qui: