La Redazione : Contestualizzato da un nostro commento,pubblichiamo uno scritto pervenuto anonimamente,che supponiamo essere l’estratto del diario di un pomeriggio “particolare” di ben 43 anni fa, vissuto da un antifascista, presumibilmente un giovane,forse uno studente? Immaginiamo militante in una formazione della sinistra extraparlamentare,Lotta Continua ? …
“A Roma diventate prima antifascisti e poi compagni” questo commento fatto all’epoca da un militante operaio del Nord, spiega la sostanza di quello che significava l’antifascismo a Roma negli anni ’70”.
A differenza di Roma, l’antifascismo veniva vissuto nelle altre grandi città italiane,specialmente al Nord, come una pratica necessaria ma conseguente e apparentemente subordinata all’intervento politico nel sociale e nelle fabbriche. Non che la coscienza antifascista fosse da meno, ma certamente non assumeva l’antifascismo militante quel carattere prioritario, centrale che caratterizzava il fare politica di sinistra a Roma.
D’altronde nella Capitale, i fascisti avevano sempre goduto di una solida base di consenso, genericamente anticomunista, ma pronta a fornire su richiesta i voti alla destra, quei voti che avevano contribuito a rendere il MSI il terzo partito della Capitale.
Il ricordo degli scioperi studenteschi degli anni cinquanta in favore di “Trieste, Istria e Dalmazia italiane” o contro l’invasione sovietica dell’Ungheria, erano negli anni ’70 ancora vivi nella testa dei caporioni missini che avevano mal digerito lo spostamento a sinistra dei giovani romani, iniziato a metà anni sessanta e uscito sempre più rafforzato dall’esperienza del ’68. L’avanzata del PCI, l’impegno di migliaia di giovani nelle scuole e nei quartieri, mai coinvolti prima nella politica,aveva infatti profondamente mutato gli equilibri nella città.
Questo per i vertici del partito di Almirante non era tollerabile, l’indicazione lanciata ai propri militanti era quella di contendere fisicamente alla sinistra il terreno politico, agendo sistematicamente e militarmente nei quartieri e nelle scuole, ovunque esistessero situazioni di intervento politico dei compagni. Questa strategia si rifletteva ovviamente in come era articolata la presenza dei fascisti sul territorio di Roma, città composita per connotazione sociale e orientamento politico.
Se nelle città del Nord, circondate da un hinterland tradizionalmente schierato a sinistra, c’erano gli operai pronti a scendere in città per bilanciare il peso politico di un centro cittadino borghese e tendenzialmente conservatore, Roma si presentava con una connotazione “geopolitica” a “macchia di leopardo”, con zone popolari schierate a sinistra confinanti con altre di opposto segno politico, in centro città come verso i quartieri più periferici.
Zone interdette, dove la lunghezza dei capelli poteva costarti se andava bene una sprangata, con una contrapposizione fisica ad alta intensità, che per reazione indirizzava il sentimento antifascista verso una pratica militante quotidiana.
Oltre che nelle zone tradizionalmente “nere” ,Parioli, Balduina, Trieste, Vigna Clara, Eur, Piazza Bologna, il MSI teneva aperte sezioni anche nei quartieri popolari, usandole nel rispetto della strategia dello scontro fisico con i compagni,come avamposti militari per spedizioni punitive. Con gli stessi fini tenevano aperte le sedi del Fronte della Gioventù e del FUAN poste strategicamente in prossimità dei Licei politicamente più attivi e dell’università La Sapienza.
Ad agire i professionisti del pestaggio, picchiatori sperimentati, uomini fatti e non solo pischelli esaltati, spesso armati di pistola, ex-repubblichini di Salò, a volte mercenari reclutati tra i disoccupati del Villaggio Giuliano-Dalmata . Nomi del calibro di Angelino Rossi il pugile coinvolto nell’omicidio del compagno Paolo Rossi, dei fratelli Di Luia e Adriano Tilgher coinvolti nelle inchieste sulla strage di Piazza Fontana e del golpista Saccucci, del Tenente dei Parà Sandro Saccucci, un nome che ricorrerà più avanti nel racconto pervenuto alla nostra redazione.
In questo clima di contrapposizione, la garanzia dell’agibilità politica a scuola come nel quartiere era per tutti i compagni stimolo all’organizzazione, la pratica antifascista da reazione spontanea necessaria si trasformava in iniziativa militante, portando nell’intervento politico quotidiano la parola d’ordine della “Messa Fuori Legge del MSI”
Si diceva : “A chi ti impedisce l’attività politica, a chi ti spranga di notte quando torni a casa, a chi ti spara mentre attacchi i manifesti, non può essere consentito di svolgere impunemente la campagna elettorale. I FASCISTI NON DEVONO PARLARE E QUESTA SARA’ LA NOSTRA CAMPAGNA ELETTORALE “
e questo DIVENNE VALIDO SEMPRE, a maggior ragione quando i comizi i fascisti se li facevano nei loro covi…
…a Piazza Bologna per esempio: la roccaforte nera per antonomasia.
La Redazione : di seguito,in corsivo, lo stralcio del diario
( … ) I MANIFESTI AFFISSI IN TUTTA Roma annunciano per le 17.00 a Piazza Bologna il comizio elettorale del Tenente dei Parà, on. Sandro Saccucci.
Ore 16.50 nella piazza
E’ la solita partita giocata in casa,con la parata di gagliardetti, braccia tese nel saluto romano “W il Duce e menefrego“. I petti sono gonfi di sano orgoglio fascista e i manici di piccone con il tricolore sono a portata di mano per dare una lezione all’incauto frikkettone di passaggio. Il servizio d’ordine volge la faccia alla piazza con accanto il presidio dei CC, tutti in attesa dell’ora X quando l’oratore inizierà il suo intervento.
Ore 16.50 a 50 metri dalla piazza I compagni arrivano puntualmente, alla spicciolata, ognuno sa cosa fare, in tutto un sessantina divisi in due gruppi. La riunione con il comitato di quartiere è terminata e ha espresso con chiarezza che i compagni di zona stanchi delle continue violenze sono a favore di una iniziativa antifascista militante. Dalla piazza si sentono gli altoparlanti del palco che annunciano l’oratore, il mazziere,il golpista quello che armato di pistola gira per Roma aggredendo i compagni, forte dell’impunità datagli dall’essere Parlamentare della Repubblica, è finalmente arrivato.
Ore 17.00 in piazza Al suono di “Sole che sorgi libero e giocondo… “ l’onorevole sale sul palco tra gli applausi dei convenuti e le ovazioni dei pretoriani; c’è molta aspettativa da parte della piazza più militante,Saccucci non è uno di quelli che si nasconde dietro il doppio petto,va in giro con la giacca della mimetica e il basco amaranto,sempre “accavallato”, è un camerata di rispetto. Per lui è il momento magico, si bea dell’entusiasmo dei suoi che è pronto a ripagare con parole di fuoco… quando improvvisamente dalle sue spalle,dalle spalle del palco, dalle spalle dei pretoriani schierati a presidio, giungono slogan,all’inizio indecifrabili, poi con il farsi più vicini sempre più distinguibili : “EMMEESSEII… fuorilegge”, “Fascisti carogne tornate nelle fogne. …”
Ore 17.05 a 50 metri dalla piazza. Il primo gruppo di compagni ritorna al punto di partenza lasciandosi alle spalle il palco in fiamme,rimane il gruppo in copertura ad attendere i fascisti furiosi lanciati all’inseguimento in cerca di vendetta. Finiranno presi in mezzo, tra le fiamme e il fumo dei lacrimogeni,dandosi alla fuga poco gloriosamente. Poi via,ordinatamente,tutti insieme attraversando i cortili delle case popolari che scendono sulla Via Tiburtina, dove la gente dei Lotti che ha capito già tutto, ride e saluta dalle finestre.
Oggi, le carogne fasciste non hanno parlato perchè questa è la campagna elettorale degli antifascisti militanti ( … )
Riprendiamo come Osservatorio, per ricordare che a circa un anno da quel 27 Maggio1975 a Piazza Bologna ,l’on. Sandro Saccucci,il parà citato nelle pagine del diario, venne incriminato per aver partecipato al raid squadrista di Sezze, culminato con l’omicidio a pistolettate di un giovane militante del PCI, Luigi De Rosa e con il ferimento del compagno Spirito di Lotta Continua. Saccucci, condannato in prima istanza per concorso in omicidio, eviterà l’arresto fuggendo in America Latina, dove continuerà l’attività politica ponendosi al servizio di vari dittatori locali.